Secondo alcune proiezioni, tutti noi nel corso della nostra vita ci troveremo prima o poi a essere caregiver di un parente o di un familiare stretto. Non per niente, in Spagna, Gran Bretagna e Grecia sono previste forme di tutela come vacanze assistenziali e sconti previdenziali. In Italia, no. Ormai da diversi anni l’obiettivo è una legge nazionale che disciplini organicamente la figura professionale del caregiver familiare, che ad oggi presta il proprio servizio di assistenza a un parente stretto a titolo meramente gratuito.
Sebbene non esistano, a oggi, numeri ufficiali, si stima che i caregiver in Italia siano fra i 7 e i 12 milioni. Un numero importante, che tuttavia vede un vuoto normativo. Non esiste, infatti, in Italia una legge nazionale che disciplini compiutamente l’attività del caregiver familiare. Troviamo un primo riferimento nella Legge di Bilancio 2018 che definisce “caregiver familiare la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, L. 104/1992, di un familiare entro il terzo grado che, a causa di malattia, infermità o disabilità, anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata, o sia titolare di indennità di accompagnamento”.
Seminate qua e là nella legislazione speciale, inoltre, esistono diverse norme di interesse, in particolare in materia di lavoro e di sostegno al reddito:
- Legge 104/1992, secondo cui il lavoratore che assiste un familiare portatore di grave handicap ha diritto di scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede;
- Legge 903/1977, secondo cui il lavoratore che assiste un familiare con disabilità non può essere obbligato a prestare il lavoro notturno;
- Decreto Legislativo 81/2011, che prevede per i familiari che assistono malati gravi una priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a part-time;
- Legge 53/2000, che riconosce permessi retribuiti per tre giorni all’anno per decesso o grave infermità di un familiare e congedi non retribuiti di due anni per gravi motivi familiari;
- Decreto Legislativo 151/2001, che prevede il prolungamento del congedo parentale per genitori di figli con grave disabilità fino al dodicesimo anno di età del figlio stesso, e con un’indennità pari al 30% della retribuzione;
- Legge 104/1992, che prevede ulteriori permessi retribuiti di tre giorni mensili cumulabili con gli altri già descritti;
- Decreto Legislativo 151/2001, che prevede che i lavoratori dipendenti che assistono un familiare con grave disabilità possono fruire di due anni di congedo retribuito coperto da contribuzione figurativa;
- Legge 232/2016, che prevede l’Anticipo pensionistico sociale (APE sociale), spettante al caregiver familiare che abbia compiuto il 63 esimo anno di età, dotato di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni ed impegnato da almeno sei mesi nell’assistenza di un coniuge, o di un parente di primo grado convivente con handicap grave (la nozione di handicap si ricava dall’art. 3, comma 1, della L. 104/1992, secondo cui è portatore di handicap “colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione”).

L’attività legislativa nazionale, volta ad una razionalizzazione della materia, sembra comunque molto viva visto che sono attualmente depositati alle Camere 11 disegni di legge, il più rilevante dei quali è forse il Disegno di Legge n. 1461 del 7.08.2019, che si prefigge, in particolare, di disciplinare l’accesso ai servizi sociali e sociosanitari, di favorire la conciliazione tra lavoro e lavori di cura, di sostenere il reddito, di favorire la copertura contributiva e di riconoscere le competenze dei caregiver (https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/52186.htm). Dunque la strada per un migliore sostegno dei caregiver familiari è intrapresa, come confermerebbe il fatto che, a partire dalla Legge di Bilancio 2018, è stato istituito un Fondo di assistenza a disposizione delle Regioni e dotato inizialmente di 20 milioni per il triennio 2018-2020, portato a 25 milioni nel triennio 2019-2021 ed aumentato di ulteriori 50 milioni annui per il 2022-2026, mentre con la Legge di Bilancio 2021 è stato istituito uno specifico Fondo per i caregiver familiari dotato di 90 milioni nel triennio 2021-2023.
Proprio le Regioni, del resto, in attesa dell’approvazione di una legge nazionale sui caregivers, hanno iniziato a legiferare a livello locale. La prima a farlo è stata l’Emilia-Romagna con la Legge Regionale n. 2 del 28.03.2014 che ha rappresentato un vero e proprio modello per le altre regioni, predisponendo, tra l’altro, un sistema di informazione, di sostegno, di ascolto, di riconoscimento delle competenze (https://caregiver.regione.emilia-romagna.it). Il limite di queste leggi locali, tuttavia, sta nel fatto che solo in parte gli ambiti di competenza della materia sono effettivamente di spettanza regionale, ed anzi le stesse normative sono state approvate dichiaratamente in attesa di una normativa nazionale, quasi a stimolarne l’approvazione.
In conclusione, occorre sperare che in tempi relativamente brevi si arrivi ad una disciplina unitaria della materia mediante una legislazione dedicata e più razionale. Del resto, la necessità di dare risposte chiare ed accessibili ai caregiver deriva dal fatto che costoro semplicemente consentono una vita dignitosa alle persone più fragili, ed inoltre rappresentano una componente insostituibile del nostro sistema assistenziale.