La perdita di un genitore e l’elaborazione del lutto

Benedetta
Benedetta Basagni

Specializzata in psicoterapia sistemico-familiare presso la scuola ISCRA di Modena, da oltre 20 anni si occupa di valutazione e riabilitazione cognitiva di pazienti adulti. Insegna alla scuola di specializzazione in Neuropsicologia dell’Università degli studi di Trieste, al master in Neuropsicologia dell’Università degli studi di Padova e in diversi master privati. È autrice di varie pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali di neuropsicologia.

La perdita di un genitore e l’elaborazione del lutto

Quali sono le risposte sull’elaborazione del lutto a seguito della perdita di un genitore anziano? L’articolo va a toccare le principali questioni legate alle emozioni e ai sentimenti che scaturiscono: dall’incontro con la perdita, all’esperienza dell’assenza, al senso di smarrimento, alla mancanza che ne scaturisce.

Tristezza, rabbia, disperazione: quali sono le emozioni più comuni quando si perde una persona cara?

La perdita di una persona cara è un evento che scatena una vasta gamma di emozioni: oltre alla tristezza, alla rabbia e alla disperazione, anche nostalgia, incredulità, amarezza, colpa. Le emozioni possono poi essere accompagnate da veri e propri sintomi fisici: insonnia, disappetenza, difficoltà di concentrazione, senso di stanchezza, che nel loro insieme compromettono l’efficienza della persona in lutto, accentuandone il ritiro sociale. Le reazioni possono tuttavia variare sensibilmente tra gli individui: in alcuni casi, colui che resta è spinto alla ricerca continua del defunto e di oggetti o situazioni che lo ricordino, mentre in altri casi le persone sono portate, al contrario, a evitare tutto ciò che può loro ricordare la persona amata, liberandosi dei suoi oggetti, disfacendo gli arredi che lo/la evocano, o non frequentando più i luoghi che gli/le appartenevano. 

In caso di perdita di un genitore anziano quali dinamiche si innescano?

Ci sono alcuni aspetti che effettivamente caratterizzano in maniera peculiare la perdita di un genitore. Il genitore, anche se anziano e magari gravemente malato, è la figura di riferimento interiorizzata da ogni individuo. Perdere un genitore è quindi come perdere un pezzo di noi stessi. Il genitore rappresenta nella maggioranza dei casi la forma di amore più grande che abbiamo ricevuto: incondizionato, gratuito e non scalfibile. Inoltre, gli ultimi anni di vita di una persona anziana si caratterizzano spesso per un riavvicinamento tra il figlio e il genitore, legato alla nuova dimensione di accudimento, nella quale si osserva un ribaltamento dei ruoli: il figlio, da oggetto di cura dei genitori, è adesso colui che si prende carico dei genitori. E questa nuova forma di relazione, intensa, profonda, spesso consolida il legame stesso, rendendo il distacco ancora più doloroso.

Quanto tempo serve per elaborare questo tipo di lutto?

Non esistono tempi prestabiliti. Solitamente, le manifestazioni più forti evolvono con il trascorrere del tempo, riducendosi in intensità e pervasività, parallelamente alla progressiva riorganizzazione emotiva e cognitiva dell’individuo, con l’accettazione dell’evento. Questo processo può durare alcune settimane o alcuni mesi.

Il lutto, inteso come l’insieme delle emozioni negative e del malessere psicofisico connesso alla perdita di una persona amata, è considerato di per sé fisiologico, e quindi “normale”, se non perdura troppo a lungo nel tempo. Esistono tuttavia alcune situazioni nella quali vi è una mancata risoluzione spontanea delle manifestazioni psicologiche associate al lutto. In questi casi, definiti dal DSM-V (il manuale di riferimento della psichiatria), come con “disturbo da lutto persistente complicato”, è necessario parlarne con il medico e rivolgersi all’aiuto di uno specialista.

Esistono delle fasi nel percorso di elaborazione della perdita di un genitore?

Elisabeth Kubler Ross, una ricercatrice svizzera, ha elaborato negli anni ‘70 un modello di elaborazione del lutto - ancora utilizzato - che riconosce 5 fasi.

La prima è quella della negazione. In questa fase si sperimenta una sensazione di irrealtà, negando l’accaduto. La seconda fase è quella della rabbia: arrivano le emozioni forti, quali rabbia, paura e disperazione, che esplodono in diverse forme. Iniziamo a chiederci cosa abbiamo fatto per meritarci questa sofferenza e a sentirci arrabbiati con gli altri e con la vita stessa. A questa fase subentra la cosiddetta fase della contrattazione, nella quale il soggetto comincia a venire a patti con l’accaduto. A questa fase segue quella della depressione: l’individuo comincia a prendere consapevolezza della perdita e sperimenta un senso di tristezza profonda. Infine, arriva la fase della accettazione, quando il soggetto ha finalmente avuto modo di elaborare quanto è accaduto. Ritorna l’interesse per le persone e i progetti personali. 

Queste cinque fasi rappresentano un percorso ideale che non necessariamente tutte le persone attraversano, ma nelle quali tuttavia qualcuno potrebbe invece riconoscersi.

Come si può superare la perdita di una persona a noi vicina?

Innanzitutto, è importante assecondare il nostro modo di sentire e di elaborare quanto è accaduto. Ognuno di noi reagisce in una modalità che è propria ed individuale. Non sforziamoci quindi di fare cose di cui non abbiamo voglia, o ciò che altri ci chiedono. Cerchiamo però di inserire progressivamente nella quotidianità una dimensione di piacere, quale può essere il fare una passeggiata, un bagno caldo, il cucinarsi qualcosa di buono, cercando in sostanza il prendersi cura del proprio sé ferito. Pensiamo al fatto che probabilmente il nostro amato non vorrebbe vederci soffrire troppo, e cerchiamo quindi di andare avanti nonostante la sofferenza, dando un senso a quella perdita.

Quali sono i fattori di ostacolo e quali i fattori di aiuto in questo percorso?

Fattori di ostacolo sono certamente la solitudine e la presenza di concomitanti preoccupazioni o dispiaceri di altra natura (problemi di salute, familiari-relazionali o economici). Generalmente è considerato più complicato il lutto per morte rapida o addirittura improvvisa, poiché questa esclude la possibilità di prepararsi all’evento. Percorsi di lungo accompagnamento alla malattia di un caro facilitano per certi versi la lenta elaborazione di quanto sta per accadere, sebbene la condivisione della sofferenza di una persona amata, sia anche essa una elevata fonte di stress. Fattori che invece facilitano l’elaborazione di un lutto sono certamente la condivisione della perdita con altri cari, e quindi una rete sociale solida, nonché la presenza di obiettivi motivazionali personali (familiari, affettivi e/o lavorativi), sui quali investire e reinvestire.

Come si può continuare a essere in rapporto con un genitore, quando il genitore non c’è più?

La ricerca ed il mantenimento di un contatto con il defunto può essere effettivamente un modo per facilitare l’elaborazione del lutto. Ogni individuo può trovare la propria modalità: può essere un pensiero prima di dormire, la messa in atto di un rituale nella ricorrenza, la visita al cimitero, piuttosto che la scrittura dei ricordi più significativi in un quaderno. In particolare, rispetto alla morte di un genitore, può rivelarsi utile lo sforzo di continuare a farlo vivere nella memoria di chi resta, ad esempio i nipoti e le generazioni future. Ben vengano quindi la raccolta di fotografie e della storia di vita del defunto, da organizzare e conservare per chi verrà. Per talune persone queste azioni facilitano la trasformazione delle emozioni a connotazione negativa (tristezza, rabbia), in emozioni con connotazione positiva (affetto, tenerezza, riconoscenza, gratitudine).

Benedetta

Non sforziamoci di fare cose di cui non abbiamo voglia, o ciò che altri ci chiedono. Cerchiamo di inserire progressivamente nella quotidianità una dimensione di piacere.

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