È possibile conciliare famiglia e lavoro con la cura di una persona anziana?

È possibile conciliare famiglia e lavoro con la cura di una persona anziana?

La famiglia, in Italia, rimane il luogo privilegiato per la cura degli anziani. Ma accudire una persona non più autosufficiente è un’esperienza complessa. Che assorbe tempo, premure, energie. Fisiche e mentali. Eppure, modificare gli equilibri familiari per consentire una più equa distribuzione dei ruoli, oggi, sembra possibile.

Spesso il ruolo di caregiver familiare è delegato alle donne, vero punto di riferimento per tutto ciò che riguarda la cura. Che a volte può sfociare in una vera e propria forma di dipendenza che coinvolge il paziente e la persona destinata a farsene carico. 

La lente di ingrandimento su questi aspetti legati al mondo degli anziani è amplificata dall’invecchiamento progressivo della popolazione. Nella fascia di età tra i 45 e i 64 anni, in sei casi su dieci sono le donne (un milione 343 mila) ad avere questo tipo di responsabilità: tra queste una su due è occupata (49,7%) con un lavoro. Dal confronto con le donne che non hanno questo tipo di incombenza, emerge un divario tra i tassi di occupazione pari a quasi 4 punti percentuali. Donne in età compresa tra 45 e 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa ma che nel 60% dei casi hanno abbandonato la propria attività per dedicarsi a tempo pieno (in media 7 ore al giorno di assistenza diretta e 11 ore di sorveglianza) alla cura nel contesto familiare di chi non è più autonomo.*

Questione di equilibri

Donna o uomo che sia, spesso è un solo membro della famiglia ad addossarsi tutti gli oneri della cura. Un mandato che può indurre a rinunciare a gran parte della propria vita fuori da questo compito. Rendendo impossibile la conciliazione con il lavoro, la casa e le esigenze della famiglia

Tutto questo diviene ancora più faticoso se si hanno dei figli da seguire. Fino a sfociare nel cosiddetto “burden”: lo stress tipico di chi si prende cura di una persona bisognosa. Una deriva che rischia di trascinare tutta la famiglia con serie implicazioni. 

Ben vengano quindi i servizi socio-sanitari di supporto: che siano operatori sociali, gruppi di sostegno, assistenti sanitari domiciliari, l’importante è sapere che un sostegno esterno è possibile. E che non bisogna vergognarsi a rivolgersi alle Asl di riferimento per chiedere un aiuto.

Conciliare le diverse esigenze attraverso il coinvolgimento attivo

È l’intero sistema-famiglia a doversi organizzare attorno alle necessità di cura. È importante condividere un progetto di assistenza collettivo. Coinvolgere mariti, mogli, figli, parenti stretti. Anche il sostegno della rete di amici e persone vicine può aiutare ad alleviare il peso delle responsabilità che ricadono su una persona sola. Come? Per esempio, suddividendo le esigenze esterne alla casa (medico, farmacia, spese, bollette) da quelle interne (pulizia, pasti, lavaggi, cambi, cure). Oppure dividendo in tre la giornata e alternando i caregiver di riferimento tra mattina, pomeriggio e sera.

Lo smart working sta consentendo di bilanciare lavoro e famiglia nell’ottica della parità di genere. L’auspicio rimane che questo sistema di lavoro venga utilizzato anche dopo l’emergenza e aiuti a conciliare le diverse esigenze. 

Quindi, per rispondere alla domanda posta nel titolo dell’articolo, diciamo: sì, è possibile. A patto che il peso di questa responsabilità venga equamente suddiviso e non ricada su una persona sola.

*Report Istat - Conciliazione tra lavoro e famiglia, anno 2018.

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